GPDP

Genetica

PARTECIPANTI

Antonio Iannuzzi (chair)
Università Roma Tre

Enrico Bucci
Temple University of Philadelphia

Luca Marelli
Segretario scientifico della commissione ACC GDPR

Deborah Mascalzoni
Eurac Research e Uppsala University

Giuseppe Novelli
Direttore U.O.C. Laboratorio di Genetica Medica Policlinico
Universitario di Tor Vergata

Elena Pilli
Università di Firenze

Giuseppe Testa
Human Technopole 

Marta Tomasi
Università di Trento

Marzia Vona
Direzione Affari Legali Istituto Italiano di Tecnologia

Garante
Francesca Cecamore
Funzionario Dipartimento Sanità e Ricerca

Le 3 sfide e le 3 azioni identificate dal Tavolo.

RELAZIONE FINALE

Quello che stiamo vivendo è il millennio delle scienze della vita. Siamo e saremo sempre di più inondati da dati genetici. Già ad oggi 30 milioni di persone nel mondo hanno depositato il loro DNA. Aumenteranno.

La prima sfida, dunque, è di ordine quantitativo. Il fenomeno di crescente diffusione ed utilizzo dei dati genetici richiede di essere governato prevedendo regole specifiche per il loro trattamento. Il tavolo condivide l’idea che il dato genetico debba essere considerato come una categoria autonoma, benché presenti punti di contatto con i dati sanitari e con quelli biometrici.

Se l’utilizzo dei dati genetici in campo clinico è sufficientemente regolato, ci sono svariati utilizzi secondari e diversi che attendono l’attenzione del decisore politico e del Garante. Occorre effettuare ancora una mappatura degli usi possibili dei dati genetici e di conseguenza elaborare le relative policies.

La disciplina relativa alla protezione di questa categoria di dati si pone al punto di intersezione fra la tutela della salute, la libertà di ricerca e di sperimentazione scientifica, la sicurezza pubblica, richiedendo complesse operazioni di bilanciamento.

Soprattutto nell’ambito della ricerca scientifica è ancora da individuare il punto di equilibrio ottimale fra utilizzo del dato e rispetto del GDPR. Si registra qui un’estrema disomogeneità di regole in Europa che non favorisce il settore della ricerca e la qualità delle cure in Italia. È perciò opportuno anche sollecitare l’adozione di linee guida da parte dello European Data Protection Board.

Sembra anche necessario superare l’idea concettuale del consenso come “sgravio” o come adempimento per favorire piuttosto la diffusione di strumenti di governance che sappiano sia rendere effettiva la tutela dei dati nei diversi contesti in cui il dato genetico si rende utile sia salvaguardare la caratteristica intrinseca del dato genetico di consentire una molteplicità di riutilizzi per massimizzare il suo potenziale euristico.

La seconda sfida specifica è relativa alle biobanche che, com’è noto sono di diversi tipi. Per quelle di ricerca il problema principale resta quello di un’assenza di normativa ad hoc, con la conseguente difficoltà di definire l’ampiezza del consenso alla conservazione e all’utilizzo di campioni biologici e dati (per quanto tempo? per quali finalità? deve essere prevista la revoca del consenso? chi è il proprietario di questi dati?). Una soluzione che si sta predendo sempre più spesso in considerazione è quella della re-informazione. Pare che si possa finalmente superare, adottando adeguate misure organizzative, la difficoltà tecnica, da tempo segnalata, di comunicare con l’interessato dopo tanto tempo.

La terza sfida è, invece, legata alla diffusione dei test genetici diretti al consumatore, per i quali – anche in considerazione del problema della transnazionalità del fenomeno – è complicato individuare forme di regolamentazione. Si tratta, tuttavia, di un ambito in netta espansione all’interno del quale i confini sono spesso labili (come per esempio ancestry tests, ma i dati vengono poi condivisi e impiegati anche per altre finalità).